Ed ecco la stella riapparve…

Scarica il bollettino Insieme del 7 gennaio

Tempo ricco di segni questo di Natale. Dai segni “profani” come l’albero, le luminarie, i mercatini (i mercatini??,
ma sì, anche i mercatini!), a quelli religiosi: il presepio e la stella.
“Questo sarà per voi un segno”, dicono gli angeli ai pastori, “troverete un bimbo in una mangiatoia”. E i re magi seguono la stella; è un segno da seguire, ma ancor prima da vedere e da interpretare, il che non è sempre facile.
Anche la nostra vita, se vogliamo, è ricca di segni della presenza di Dio. Talvolta essi sono così deboli e discreti che stentiamo a notarli.
E la nostra vita è ricca anche di persone che ci aiutano a vedere questi segni e a interpretarli nella maniera giusta, e a seguirli anche quando il cammino diventa difficile, e ad
attendere con pazienza e perseveranza quando questi segni
scompaiono per qualche periodo, proprio come la stella per i re magi.
Sì, penso proprio che la grandezza dell’uomo talvolta stia nella pazienza e nella perseveranza di continuare a credere a qualcosa (e a qualcuno) che per un momento non appare del
tutto evidente.
Buona befana, pardon, buona Epifania.

don Gianni.

Impossibile, ma vero!

Scarica il bollettino Insieme del 24 Dicembre

“Nessuno ti chiamerà più ‘Abbandonata’, né la tua terra sarà più detta ‘Devastata’, ma sarai chiamata ‘mia Gioia’ perché il Signore troverà in te la sua delizia.
Impossibile, ma vero! Proprio ai nostri giorni. Per me, per te, per noi tutti.
Queste parole che il Signore ha suggerito secoli fa al profeta Isaia, le ripete anche oggi per noi, per questa umanità di oggi.
Non se le è mica rimangiate il Signore le sue promesse!
Non chiedetemi cosa ci trova di delizioso il Signore in noi; noi stessi spesso facciamo fatica a trovarci appena sopportabili…
Oppure sì. Trova “delizioso” quel desiderio di bene che resiste in noi nonostante tutto; quella capacità di soffrire per gli altri e insieme agli altri; quella fragilità che cerchiamo accuratamente di nascondere, ma che ogni tanto salta fuori.
E allora auguri a tutti, perché tutti ci riconosciamo, almeno a Natale, “gioia del Signore” e anche, ma sì,
diciamolo pure, “gioia vicendevole di noi”.
Buon Natale.

don Gianni.

Un amore che non fa preferenze

Scarica il bollettino Insieme del 17 Dicembre 

Chi di noi non ha mai “accusato” (in senso bonario, intendo) i
propri genitori di preferire quel fratello o quella sorella. Capita
spesso, nelle famiglie normali: ho sentito spesso i figli rimproverare
col sorriso i genitori di nutrire un debole per l’uno o per l’altra; e i
genitori accettano, col sorriso, questo rimprovero, consapevoli di
questa “sfumatura particolare”, che non intacca però la sostanza e la
verità del loro volere bene ai figli.
Il Signore non fa preferenze, dicevano i giovani del nostro
decanato ieri sera nella loro celebrazione della riconciliazione.
Non fa preferenze di merito, anzi, se c’è una preferenza che
usa, è per chi è meno “quotato” davanti a lui, per la classica
pecorella smarrita.
C’è scritto nel vangelo, lo sappiamo. Ma non solo nel vangelo.
È scritto anche nella realtà di tantissime nostre famiglie, imperfette
finché si vuole, lacerate, magari ritenute perfino incapaci di
educare, eppure testimoni, a volte inconsapevoli, che l’amore non
dev’essere meritato.
Che l’amore, soprattutto (ma non solo) dei genitori è, per dirla
con un’espressione che va di moda ai nostri giorni, “a prescindere”.
Proprio come l’amore di Dio.
Un caro saluto.

don Gianni.

Preparati, Sion

Scarica il bollettino “Insieme” del 10 dicembre 2017

“Preparati, Sion con tenera sollecitudine, preparati adaccogliere il più bello, il più amato. Le tue guance brillino dibellezza, ancor più del solito”.È versetto dell’oratorio di Natale di J.S. Bach (sì, ancoralui!). Non credo sia un versetto della Bibbia, anche sel’ispirazione è chiaramente biblica, e invita la città santa a farsipiù bella per accogliere “il più bello, il più amato”.Farsi bella significa anche addobbarsi di luce, e leluminarie che abbelliscono le nostre strade e le nostre case e ilclima di festa che creano, possono far parte anch’esse di quelfarsi più belli per accogliere il più bello, il più amato.Tutto qui? Ce la caviamo con un paio di luci in più?Ovviamente no! Almeno noi credenti non ci accontentiamo diesteriorità (sarà proprio vero?). L’invito va oltre. Siamoinvitati a farci belli in maniera più profonda, a far sì che lenostre guance brillino di una bellezza che risplende in mododiverso.Una bellezza che risplende in occhi che sanno guardarecon fiducia, con speranza e simpatia al prossimo e al mondo.Un caro saluto.
don Gianni

Siamo proprio gli ultimi…

Scarica il bollettino “Insieme” del 3 DICEMBRE 2017

Siamo proprio noi, credenti, i meno entusiasti
nell’attendere il Natale? Si direbbe proprio di sì.
Cominciamo solo con questa domenica l’Avvento, quando
ormai tutto l’ambaradan natalizio è cominciato da un
pezzo!
Mercatini, alberi, presepi, calendari d’avvento (quelli
falsi, a cioccolatini), tutto è già avviato da un bel pezzo, e
noi siamo ultimi. E con davanti un Avvento cortino, solo tre
settimane. Dobbiamo proprio recuperare lo ‘svantaggio’.
Recuperare il senso dell’attesa, e il valore dell’attesa.
Saper attendere, saper aspettare, per contrastare la
tentazione, la pretesa del tutto e subito.
Recuperare il senso del mistero: in questo mondo che
pretende che tutto sia sempre e subito chiaro, e che esige
una risposta ad ogni domanda, noi testimoniamo che si vive
anche di fiducia.
Fiducia in chi ci circonda e soprattutto fiducia nel
Padre dei cieli.
Perché l’Avvento sia una bella attesa del Promesso.
Quel Promesso che non delude.
Buon Avvento.

don Gianni.

Parlando di perdono…

Scarica il bollettino “Insieme” del 26 Novembre 2017

Leggo un’intervista a M. Recalcati, uno psicanalista che, da
psicanalista, parla del perdono:
“Perdono non è una parola che appartiene al lessico
psicoanalitico. Io la eredito dalla tradizione cristiana. È nella
cultura cristiana che il perdono diventa la prova più grande
dell’amore… Nel perdono l’altro è amato non perché ci
restituisce la nostra immagine ideale, ma nonostante abbia
lacerato quell’immagine.”
Lui parla in particolare del perdono all’interno della coppia,
ma penso che possa applicarsi ad ogni situazione.
E trovo qui una conferma di una caratteristica del Vangelo.
Quando una scienza umana riconosce il perdono come qualcosa
di profondamente umano, che risponde cioè alle aspirazioni più
autentiche dell’umanità, vuol proprio dire che il Vangelo non ci
impone “pesi celesti” che soffocano la nostra umanità, ma “pesi”
(cose che restano comunque difficili da vivere e che non sono
automatiche o spontanee), che però ci rendono più “umani”.
Del resto non potrebbe essere diversamente. So che rischio
di ripetermi, ma se è Dio che ci ha fatti, è probabile che sappia
anche come “funzioniamo”.

Un caro saluto.

don Gianni.

Diversità riconciliata

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È papa Francesco, nell’Amoris Laetitia, che usa questa
espressione, parlando del dialogo in famiglia, dove non si
dovrebbe tendere ad un’uniformità di pensiero, ma piuttosto ad
una diversità riconciliata, dove le differenze restano differenze
con tutta la loro difficoltà se vogliamo, ma invece che origine di
contrasto diventano motivo di arricchimento.
A dirlo così è bello e sembra anche facile. In realtà non è
facile (resta però bello); non è facile perché istintivamente
tendiamo ad eliminare le differenze; istintivamente vorremmo
che tutti fossero come siamo noi. Non solo in famiglia, anche
nella società.
E la nostra società spesso gioca su questo istinto umano, fa
leva sulla difficoltà che la differenza provoca, fa leva sulla paura
del diverso.
E invece di puntare ad una diversità riconciliata tende ad
un’esasperazione della differenza, del contrasto. Basta guardare i
salotti televisivi: i litigi fanno “audience”.
Per fortuna noi abbiamo a che fare con il Signore, che non
ha bisogno di “audience”, non ne ha mai avuto bisogno, neanche
nel Vangelo. Anzi.
E lui ci aiuta nelle difficoltà che provengono dalla nostra
diversità. Ci aiuta non ad eliminare, ma a far combaciare le
differenze.

Come siamo cari!!

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Quando ero prete alle prime armi (armi: faccio per dire!),
una gentil signora, in tono molto materno e “vissuto”, di fronte a
certe mie titubanze, mi disse, scioccandomi un po’: “Si ricordi,
reverendo, che tutto ha un prezzo!”.
Ero giovane, allora, e pieno di begli ideali; lei adulta ed
esperta della vita.
Ma non mi sono mai trovato a doverle dare ragione. Neanch’io, come voi, non ho mai creduto e non credo
tuttora che tutto abbia un prezzo, che tutto si possa comprare.
Soprattutto le persone.
Nonostante che oggi la società sembri adorare solo il dio
soldo e le persone che fanno “tendenza” spesso tendano solo ad
aumentare il prezzo sul loro cartellino.
E per fortuna che la pensiamo così: ve lo immaginereste
voi un mondo in cui tutto e tutti si potessero comprare e il valore
delle persone fosse solo questione di prezzo?
È vero che ogni tanto qualche scivolone nel tempio del dio
denaro capita anche a noi, purtroppo, ma si tratta appunto di
scivoloni.
Però mi viene un dubbio. Non sarà che mi sbaglio? Forse
anch’io, anche noi abbiamo un prezzo. “Siamo stati comprati a
caro prezzo” ci dice la parola di Dio, “a prezzo del sangue di
Cristo”. Ah, meno male!

Ritornano i fantasmi?

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Qualcuno dice che sono ritornati fra di noi i fantasmi: gli
spettri del razzismo, della criminalizzazione degli “altri”, del
mito delle barriere che ci salveranno dalla distruzione,
dall’estinzione.
E’ vero che in giro c’è questa sensazione, anche se non so
quanto questa “tendenza” sia effettivamente estesa e condivisa, o
se sia più rumore di zucche vuote e fumo senza arrosto.
Sta il fatto che il pericolo c’è.
Ma per fortuna esiste anche l’antidoto.
La giornata missionaria mondiale che celebriamo
quest’oggi ci assicura che lo spirito missionario è l’antidoto a
tutte le epidemie di razzismo, di complessi di superiorità, di
isolazionismo che ci possono minacciare.
Parte dalla convinzione che Dio è il Dio di tutti, è Padre di
tutti e che quindi tutti siamo fratelli. Cose che sappiamo tutti, e
che tutti abbiamo ripetuto chissà quante volte, e che non
possiamo dimenticare o rinnegare solo per il fatto che a un certo
punto diventano difficili da praticare.
Essere fratelli non è sempre facile, vivere ed agire da
fratelli non è sempre scontato ed indolore. Però siamo convinti
che ce la possiamo fare, con una buona dose di spirito
missionario.

La parrocchia che non c’è.

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Veramente il titolo giusto sarebbe “L’isola che non c’è”: una
canzone degli anni ’80 che certamente qualcuno ricorda. Mi serve per
continuare la riflessione su quello che dice il nostro vescovo Lauro.
Nell’incontro con noi preti, sviluppando i temi dell’assemblea
diocesana, ci diceva che spesso noi credenti abbiamo in testa l’idea di
una parrocchia che non esiste più, quella legata al campanile, con tutte
le strutture, tutti i gruppi, tutte le possibilità di celebrazioni e di orari…
E anche se ci accorgiamo che la realtà è cambiata, continuiamo,
per inerzia, a riferirci a questo modello che resiste nella mentalità
comune e se ci scontriamo con qualche problema continuiamo a cercare
la soluzione secondo questo modello che, continua don Lauro, non
esiste più.
Esempio, gli orari delle messe: la messa a Ravina è scomoda?
Ruotiamo gli orari con Romagnano! Si potrebbe fare, anche se ritengo
meno complicato che la gente di Ravina vada a Romagnano e
viceversa, se gli orari sono più comodi.
O la catechesi: c’è ancora qualcuno che non digerisce il fatto che
siano genitori e nonni a fare catechesi, anziché gli “addetti specifici”.
Per fortuna le nostre comunità hanno intrapreso un cammino con
buona lena, cercando di superare la logica del campanilismo,
nonostante certe difficoltà oggettive.
Si tratta di proseguire su questo cammino, con fantasia e magari
anche con qualche (speriamo piccolo) disagio.
Un caro saluto. don Gianni.