Il piacere di stare con gli altri

scarica il bollettino Insieme del 21, 28 luglio e 4 agosto

Nella Bibbia (anche nelle letture di questa domenica) si parla spesso di ospitalità, un atteggiamento fondamentale per i popoli antichi.
Un atteggiamento che per noi è meno scontato, probabilmente per le condizioni della nostra società, in cui un po’ di sana diffidenza bisogna pur averla se si vuol sopravvivere.
Ma mi sa che troppo spesso non è solo questione di un minimo di prudenza.
Mi sembra che stiamo perdendo il gusto di stare con gli altri in armonia. Non sembra anche a voi che sia diventato quasi di moda aggredire, almeno verbalmente, l’altro: basta leggere i commenti sui vari social: c’è una violenza che si scatena non solo sugli argomenti seri, il che sarebbe comprensibile, almeno un po’, ma anche per ogni banalità. Insomma, non si può più dire “non sono d’accordo con il tale”; bisogna dire “non sono d’accordo con quel (e qui metteteci gli insulti che potete immaginare) tale”. È proprio necessario che le persone che vogliono mantenere per sé e per il nostro ambiente un po’ di sensibilità, si oppongano a questo andazzo di inselvatichimento sociale per coltivare un po’ il piacere di buone relazioni con il prossimo. E che l’ospitalità di Abramo ci sia un po’ d’esempio.
Un caro saluto.

don Gianni.

Gocce che scavano la roccia

scarica il bollettino Insieme del 30 giugno, 7 e 14 luglio

Mi riferisco al titolo che il nostro vescovo ha dato alla lettera che annualmente, in occasione di San Vigilio, rivolge alla chiesa trentina “Come goccia”; ne sottolineo un’idea che mi ha colpito fra le altre.
Ad un certo punto parla del disagio che avvertiamo di fronte a chi pronuncia parole, ma non le pensa e non le vive.
Rimaniamo invece ammirati di fronte a persone in cui non c’è distanza fra parola e vita.
E penso un po’ alla nostra società, a questa tempesta di parole che ci investe, parole usate troppe volte come martelli per colpire e spade per ferire.
E ci accorgiamo che non deve, non può essere questo il ruolo delle parole: dovrebbero unire, aiutare a capirsi, essere mani tese ad accogliere. Non diciamo forse quando siamo in disaccordo con qualcuno: “vieni, ne dobbiamo parlare con calma”?
Se poi, da credenti, riflettiamo sul fatto che “la Parola s’è fatta carne”, ancora più ci sentiamo stimolati ad essere persone che non mettono distanza fra parola e vita e che pronunciano parole che uniscono e non parole che dividono e feriscono.
Un caro saluto.

don Gianni.
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Il prossimo Insieme uscirà domenica 21 luglio 2019.

La brocca, il mantello e altre cianfrusaglie

scarica il bollettino Insieme del 9/16 e 23 giugno

Capita talvolta nel Vangelo che qualche personaggio “lascia lì” qualche oggetto, qualche cosa di importante nella sua vita, quasi dimenticandosene, affascinato, oppure sconvolto, dall’incontro con Gesù.
Capita alla Samaritana al pozzo, che lascia lì la brocca con la quale era venuta ad attingere acqua; capita al cieco di Gerico che lascia lì il suo mantello quando Gesù lo chiama.
A dir la verità non sono cianfrusaglie. La brocca significa la riserva d’acqua per la giornata, il mantello significa riparo per la notte, difesa dal freddo… eppure l’incontro con Gesù per questa gente diventa più importante di queste cose pur importanti della vita.
E noi? Talvolta penso che anche noi credenti avremmo bisogno che lo Spirito Santo ci aiutasse a “lasciar lì” qualche cosa che consideriamo importantissimo, addirittura essenziale nella nostra vita e a farci capire che, se non sono proprio cianfrusaglie, ci vanno molto vicino.
Un caro saluto

don Gianni.
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Il prossimo Insieme uscirà domenica 30 giugno.

Senza tante storie

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Abbiamo chiuso il mese di maggio con la festa della Visitazione, che ricorda il fatto di Maria che va ad assistere la cugina Elisabetta vicina al parto.
“Partì in fretta” dice il vangelo. A me piace tradurlo “partì senza fare tante storie, senza cercare tante scuse”.
E vedo in questo aiutare senza fare tante storie la realtà di tantissima gente che si vede investita da qualche urgenza inattesa e si trova ad affrontare, per amore o per forza, situazioni difficili, a prendersi sulle spalle disagi, malattie di parenti e conoscenti. E lo fa senza tante storie, appunto; magari più per forza che per amore, almeno all’inizio, ma poi, quel ‘per forza’ lo fa diventare ‘per amore’, magari anche brontolando un po’.
Perché qualche volta si può amare anche brontolando.
E si riesce a trasformare il “per amore o per forza” in “per amore e per forza”.
E questa è una bella cosa, una buona cosa.
Un caro saluto.

don Gianni.

La città dalle dodici porte

scarica il bollettino Insieme del 26 maggio

È la “nuova Gerusalemme” di cui ci parla l’evangelista Giovanni nel libro dell’Apocalisse.
Una città circondata da alte e solide mura, nelle quali si aprono dodici porte: tre per ogni punto cardinale.
Simbolo della società e simbolo anche della chiesa.
Le mura sono segno di protezione, di sicurezza, di stabilità: tutti avvertiamo il bisogno di una società che ci appoggia, che ci sostenga nel raggiungere lo scopo della nostra vita, che ci venga incontro quando ci troviamo in difficoltà.
Ma senza chiuderci in noi stessi: ecco le dodici porte, aperte in tutte le direzioni, che significano disponibilità verso l’altro, apertura mentale per comprendere situazioni di vita diverse, senza escludere nessuno.
Vale per ogni società civile, ripeto, ma vale anche per la chiesa che qualche volta è tentata (cioè noi siamo tentati) di “asserragliarsi” in armi… E infine in questa città, precisa Giovanni, non ci sono chiese.
Ahi, tutti atei? Certamente no; piuttosto tutti consapevoli che la propria vita… vive in Dio.
L’ho detto male, ma probabilmente voi lo capite meglio.
Un caro saluto.

don Gianni.

Son buonista e me ne vanto, son buonista e son contento!

scarica il bollettino Insieme del 19 Sonmaggio

Mi pare di averlo già scritto che sono tempi duri per i buonisti: adesso poi se la prende con loro anche la propaganda elettorale.
Ebbene, io mi onoro di essere fra i buonisti. Lo so che qualcuno ci ritiene responsabili del dilagare della droga, dell’impunità dei ladri e dei delinquenti, del degrado morale della nostra società e soprattutto, sottolineo soprattutto, dell’invasione degli stranieri.
Poco ci manca che non veniamo indagati per connivenza con gli scafisti ed altro ancora.
Beh, mi consola il fatto che siamo in buona compagnia, se è vero che il primo dei buonisti di oggigiorno è papa Francesco.
Il quale non è più molto di moda come anni fa: certi conduttori di salotti televisivi lo deridono facendosi beffe di lui e, purtroppo, anche qualche cattolico tira su il naso.
Ma poco importa. Penso che gli vada a pennello quell’ultima beatitudine del vangelo di Matteo, quella che dice pressappoco: beati voi quando diranno un mucchio di scemenze su di voi… state tranquilli e non agitatevi…
Un caro saluto

don Gianni (buonista)

Per chi suona la campana

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Siamo talmente abituati al suono delle campane che non ci facciamo nemmeno più tanto caso. Anche chi è praticante forse non sa che l’abitudine di suonare la campana al mattino, a mezzogiorno e alla sera, è un saluto a Maria e ricorda ai fedeli la preghiera dell’“Angelus”, quella che richiama il sì della Madonna alla proposta dell’angelo e l’incarnazione di Gesù.
Il mese di maggio, per tradizione popolare, è il mese dedicato a Maria e noi lo sottolineiamo con la recita del rosario.
Una preghiera semplice, povera, se vogliamo: a qualcuno può sembrare particolarmente favorevole alla distrazione, ma il ritrovarci insieme per pregare il rosario ha anche la sua importanza: sottolinea il senso di appartenenza e richiama la figura e l’esempio di Maria nella vita di ogni credente e della comunità.
Per questo anche papa Francesco non si stanca di riproporre ai cristiani questa preghiera, anche con una certa “urgenza”, per invocare l’aiuto divino sulla chiesa, in questi tempi, di particolare
difficoltà.
Allora, dai, facciamolo anche noi!
Un caro saluto.

don Gianni.

Giusti e spietati

scarica il bollettino Insieme del 5 maggio

Una delle cattive tentazioni che subiamo noi umani è quella di essere, o meglio, di ritenerci giusti e dall’alto della nostra presunta “giustizia” guardare senza pietà agli sbagli degli altri, così da essere, appunto, nel giudizio, spietati.
Deve trattarsi di un difetto che contagia anche gli uomini di chiesa, se papa Francesco insiste spesso sul fatto che, per esempio nella confessione, i preti devono guardarsi dalla durezza che nasce dal disprezzo delle debolezze del prossimo.
Mi piace quindi l’episodio del vangelo di oggi, dove Gesù incarica Pietro di guidare gli altri discepoli, e di farlo ricordandosi della propria debolezza, e lo fa garbatamente chiedendogli se gli vuole bene e ripete la domanda per ben tre volte.
E Pietro incassa il velato rimprovero, rattristandosi al ricordo del suo triplice rinnegamento nella notte della passione.
E risponde con umile, meravigliosa semplicità: “Signore, tu sai tutto, tu lo sai che ti voglio bene.”
Beati noi se arriviamo, almeno un po’, a dire la stessa cosa.
Un caro saluto.

don Gianni.

A porte chiuse

scarica il bollettino Insieme del 28 aprile

“Venne Gesù, a porte chiuse”, ci dice l’evangelista Giovanni. E lo ripete ben due volte, nel brano che racconta l’incredulità di Tommaso.
E mi trovo in difficoltà. Perché ho sempre pensato e predicato che Gesù non forza le porte chiuse: se uno lo rifiuta, se non ne vuole sapere, se chiude le porte della sua vita, il Signore aspetta fuori. Lui si propone, non si impone; è il Dio del “se vuoi”
più che del “tu devi!”.
E allora cosa fa qui, il prepotente?
Forse la risposta sta nel motivo per cui le porte, nel vangelo, sono chiuse: “per timore dei Giudei”. Il Signore “forza”, per così dire, le porte chiuse dalla paura, ma non quelle sbarrate dal rifiuto.
Perché la paura può essere vinta dalla consapevolezza della presenza del Signore; il rifiuto invece non può essere vinto, deve essere “convinto”.
Se la nostra indisponibilità al prossimo, se il nostro chiuderci in noi stessi, se le nostre porte chiuse lo sono a causa della paura, poco male, sembra dire Giovanni, c’è speranza.
Se invece c’è il rifiuto… beh, allora… c’è speranza lo stesso.
Un caro saluto.

don Gianni.

Questa è la notte

scarica il bollettino Insieme del 21 aprile

Questa è la notte veramente gloriosa che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore!
Così canta la liturgia della veglia pasquale. E io aggiungerei “che ricongiunge l’uomo al suo creatore e a se stesso!”. Perché penso che tante volte noi, l’umanità, il mondo intero, siamo scissi in due, separati, in guerra
ciascuno con se stesso.
Il Signore Gesù ci dà la possibilità e ci stimola a ricostituire l’unità prima di tutto con noi stessi, a ritrovare la pace e l’armonia interiore.
Ed è questa pace interiore che poi si riflette all’esterno, che “profuma” di buono la nostra vita, che illumina e rischiara tutto quello che è tenebre attorno a noi.
Che la fiamma del cero pasquale ravvivi, o riaccenda se è il caso, il fuoco in noi, il fuoco dell’umanità: possa renderci più uomini per poter essere così più vicini a Dio.
Buona Pasqua

don Gianni.