Ripiegati su noi stessi?

Scarica il bollettino Insieme del 2 agosto


Siamo forse così preoccupati e presi dai nostri problemi e dai nostri guai, che pur esistono e sono anche gravi per parecchie persone; siamo così preoccupati dai nostri problemi da dimenticarci, o ancora peggio, ignorare deliberatamente i problemi degli altri?
“Prima risolviamo i nostri problemi, poi, quando avremo finito con i nostri, ci occuperemo (forse, se ne abbiamo ancora voglia, se qui e se là…) dei problemi degli altri”.
È un ritornello che già sentivamo prima della pandemia, e che si era imposto all’attenzione di tutti, condito com’è di buon senso comune.
Adesso, con gli attuali problemi, è diventato un “mantra”, una frase che si ripete e che non ammette contestazioni.
E così rischiamo di dimenticarci, anche noi credenti, che la ricetta, se ne esiste una, per risolvere i problemi, contiene necessariamente l’ingrediente “solidarietà”.
In altre parole: se i cinque pani e i due pesci ce li teniamo per noi, finiamo per restare affamati. Se invece li mettiamo a disposizione, ci saziamo noi e gli altri.
Assurdo? Certo, è vangelo!
Un caro saluto.

don Gianni.

Dio e le teste dure

Scarica il bollettino Insieme del 26 luglio


Le teste dure, ovviamente, siamo noi. Noi uomini, noi credenti. È curioso vedere nella Bibbia che spesso anche i credenti fedeli faticano ad affidarsi ai disegni del Signore, il quale è costretto a usare, diciamo così, le maniere dure per convincerli.
Succede con gli antichi Ebrei, al tempo dei profeti, quando c’è stato bisogno della distruzione del tempio (la casa stessa di Dio!) e della città di Gerusalemme e della deportazione a Babilonia per far compiere ai credenti di allora un salto di qualità.
Ma succede anche con i primi cristiani, al tempo degli apostoli addirittura, quando c’è stato bisogno di una persecuzione perché i fedeli cominciassero a diffondere il vangelo fuori di casa loro lasciando divani e pantofole…
Forse sta succedendo lo stesso ai nostri giorni: lo sconcerto di molti fedeli, la tiepidezza di molti adulti, l’indifferenza della quasi totalità dei giovani, la perdita di autorevolezza
dell’istituzione chiesa, potrebbero essere lo scrollone che il Signore ci dà per farci accorgere che le cose cambiano. E allora che fare? Metterci in ricerca, come ci suggerisce con insistenza papa Francesco, o rifugiarci nella nostalgia e nel rimpianto?
Un caro saluto

don Gianni.

Pentole e coperchi

Scarica il bollettino Insieme del 29 luglio

Il proverbio dice che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, per dire che le cose fatte con l’aiuto del maligno o seguendo le sue tentazioni, cioè fatte con inganno, o con ipocrisia, con superbia e via dicendo, riescono solo a metà; sembrano ben fatte, ma poi rivelano immancabilmente qualche lato debole, sono come pentole senza coperchio, appunto.
E prima o poi le cose storte vengono a galla, le falsità vengono alla luce: le bugie, dice un altro proverbio, hanno le gambe corte. Insomma, la malignità non la fa mai franca a lungo.
Il punto dolente, per noi, è che le pentole (quelle fatte dal diavolo, intendo) appaiono perfette, anzi, tante volte migliori, più a buon mercato e più belle delle altre, finché non ci dobbiamo cuocere qualcosa e ci accorgiamo dell’inganno.
E questo spiega molte volte il perché abbiano così successo e perché tutti noi sentiamo la tentazione di comperarle.
Forse sviluppare lo spirito cristiano, fare riferimento al vangelo e ai valori veri della vita senza fermarci alle cose superficiali, ci serve anche per capire se le pentole con cui abbiamo a che fare siano dotate o meno di un bel coperchio.
Un caro saluto.

don Gianni.

Un profeta che canta l’amore

Scarica il bollettino Insieme del 12 luglio

In questi giorni passati la liturgia ci proponeva le letture del profeta Osea.
A me è sempre piaciuto questo Osea, perché ha i piedi molto per terra, sa fare i conti con la cattiveria umana, o comunque con la nostra miseria o debolezza, se non è proprio cattiveria; la sa guardare in faccia senza perdere la sua fiducia profonda, la capacità di vedere il lato positivo delle cose, anche quando questo lato positivo è piccolo piccolo…
Parla tanto e con profondità della bellezza e della forza dell’amore.
Di quale amore? Dell’amore di Dio o dell’amore umano? Di tutti e due! Anzi no: l’amore è amore punto e basta, senza aggettivi.
E se volete proprio fare la differenza: l’amore umano qualche volta zoppica, l’amore di Dio no.
E Osea descrive la bellezza dell’amore, anche di quello zoppicante, come è il nostro. Un amore che fa star bene: non solo la gente, ma anche le cose, la natura, addirittura il cosmo, l’universo, che funziona anch’esso per amore.
Lo so, noi guardiamo all’universo piuttosto con gli occhi di Einstein che di Osea, però chi lo dice che i due non possano, anzi non debbano, darsi la mano?!
Un caro saluto.

don Gianni.

5€ in più oggi, 50€ in meno domani (o forse anche 500)!

Scarica il bollettino Insieme del 5 luglio

Sono sicuro che tutti siamo stati scossi dalla scoperta della banda “Canova regna” e del giro di droga che alimentava, e soprattutto ci stupisce la disponibilità di denaro da parte di
giovanissimi (qualcuno spendeva anche 500 euro a settimana).
La prima domanda che salta in testa è dove lo trovavano tanto denaro quei minorenni? Domanda che se ne tira dietro tante altre…
Alla fine ci si chiede: come si può prevenire, come educare i ragazzi a evitare queste cose?
E rifletto sulla tradizione cristiana che ha sempre insistito sul valore educativo della generosità-solidarietà: insegnare a condividere anche il proprio denaro fin da piccoli, è una specie di buon vaccino per evitare spese superflue o addirittura dannose da grandi: in altre parole: dai 5 euro al povero oggi ed eviterai di darne 50 o 500 allo spacciatore domani…
Così ci si prepara a diventare persone che danno il proprio aiuto alla povera gente invece che alle mafie dello spaccio.
La tradizione cristiana, ripeto, l’ha sempre proposto come un ottimo metodo educativo. L’unica difficoltà di questo metodo potrebbe essere il fatto che oggi sembrano farsi sempre più rari i genitori che lo praticano loro per primi e di conseguenza sono in
grado di insegnarlo. O no?
Un caro saluto.

don Gianni.

Hashtag vescovile

Scarica il bollettino Insieme del 28 giugno

Della lettera del vescovo la prima cosa che mi colpisce è il titolo, e il modo in cui è scritto, che riprende la forma dei messaggi sui social: #noirestiamovulnerabili. Si chiama hashtag (lo dico per chi, come me, non usa Facebook, twitter e compagnia bella).
È una costatazione, ma anche, voglio pensare, un programma.
L’ho associato, per contrasto, a una pubblicità che sento alla radio di una qualche vettura: l’imbonitore si rivolge al cliente a bassa voce, per non essere sentito, mentre parla di limitazioni e di prudenza, dalle sue vetture che mordono il freno, tutte smaniose di tornare all’avventura per mostrare la loro potenza…
Pubblicità intelligente e centrata, perché richiama in modo pittoresco un atteggiamento: quello di chi desidera cancellare l’esperienza di questi mesi, per tornare a vivere come prima, anzi più di prima.
Un atteggiamento opposto a quello di chi confessa “che restiamo vulnerabili”.
Può piacere o non piacere, ma questo è un messaggio di una spiritualità profonda, di una umiltà evangelica che non ripudia la debolezza, ma la accetta come parte integrante dell’essere umano, da affrontare e da superare, se possibile, con serenità, senza vergogna, in se stessi e soprattutto nel prossimo. Non sono perfetto, e questa dovrebbe essere una consapevolezza che mi aiuta a voler più bene alla gente e alle sue debolezze.
Un caro saluto.

don Gianni.

Slogan da concretizzare

Scarica il bollettino Insieme del 21 giugno

Oggi mi lascio “suggestionare”, o meglio “ispirare” da don Cristiano, che nell’inserto di Vita Trentina, riprende uno degli slogan di moda nei mesi scorsi: “Nulla sarà più come prima”.
E si chiede: “In che cosa? In che modo noi, la realtà che ci circonda, la società, non saremo più come prima?” E conclude confessando di non avere una risposta da dare: bisogna aspettare e vedere…
Ed io aggiungerei: aspettare e darsi da fare affinché possiamo essere sul serio un po’ diversi da come eravamo, possibilmente migliori. Perché non è detto che il cambiamento ci sarà
automaticamente, e sarà in meglio.
Se cambiamento ci sarà, sarà perché lo costruiamo noi e sarà come lo costruiamo noi.
Nella società e nella chiesa. È il momento di prenderci sul serio, di non lasciare spegnere quelle fiammelle che questo periodo, per tanti versi di sofferenza, ha acceso in noi; è il momento di concretizzare quelle intuizioni, di mantenere quello
sguardo un po’ più limpido e non lasciare che tutto ritorni al grigiore consueto, facendoci dire con rimpianto: “credevo che… e
invece…”.
Un caro saluto.

don Gianni.

Un figlio felice non vi sarebbe piaciuto?

Scarica il bollettino Insieme del 2 giugno

Pare sia stata questa la domanda che S. Filippo Neri abbia rivolto a un padre che si lamentava della fragilità di suo figlio: “Volevo un figlio che fosse forte e fiero come lo sono stato io e come lo è stato mio padre prima di me… e invece…”.
E davanti allo sconcerto di quel papà di fronte alla sua domanda, il santo abbia proseguito dicendo: “Felice di amare e di essere amato nel modo in cui Dio lo chiamava a fare”.
Nella sua semplicità la sottolineatura di ‘Pippo buono’ fa centro. Di fronte a tante nostre elucubrazioni e ambizioni varie, l’importante nella vita, anzi l’essenziale, non sono tante
cose (ma questo in teoria lo sappiamo tutti e lo diciamo tutti… ma solo in teoria, però), quanto la capacità di
rispondere alla chiamata all’amore che ci viene dal Signore.
La festa del Corpus Domini ci richiama proprio a questo.
A ‘perdere’ la nostra vita per il Signore e per il suo vangelo, come Lui l’ha persa per noi, e così ‘salvarla’ cioè, come si direbbe oggi, ‘realizzarla’ nel migliore dei modi.
Un caro saluto.

don Gianni.

Il bene è bene

Scarica il bollettino Insieme del 7 giugno


L’ha detto il nostro vescovo nell’omelia di domenica scorsa, festa di Pentecoste. Rivolgendosi alla chiesa trentina, con un’esortazione accorata che sa anche un po’ di rimprovero.
Don Lauro ha raccomandato a noi credenti di non essere gelosi del bene, quasi fosse nostro monopolio, di non cullarci nell’illusione di essere i soli a compiere gesti di carità, di non aver paura del bene che abita al di fuori dei nostri confini.
Come i primi discepoli che se ne stavano rinchiusi per paura dei Giudei, anche la nostra chiesa oggi fa i conti con la paura, davanti al diminuire del numero dei fedeli, e il crescere delle persone indifferenti o addirittura ostili.
Anche su questa chiesa timorosa scende la ricchezza dello Spirito Santo, che ci chiama alla fiducia, ad affrontare le difficoltà che ci stanno davanti senza perderci d’animo e
soprattutto senza lasciarci tentare da conflittualità e risentimenti.
Torna spesso il nostro vescovo su questo tasto della conflittualità all’interno delle nostre comunità: lo sente evidentemente come un tasto dolente della nostra vita cristiana.
Esagera? Forse no!
Un caro saluto.

don Gianni.

Globalizzazione: unico mercato o unica famiglia?

Scarica il bollettino Insieme del 31 maggio

Globalizzazione è un termine molto usato al giorno d’oggi, in campo sociale e soprattutto in campo economico.
Sembra che globalizzazione significhi soprattutto il fatto che i più “svegli” (o i più furbetti, i più spregiudicati, se volete) possono fare guadagni in tutto il mondo. Questo vale naturalmente per i più ricchi, che si vedono diventare, quasi automaticamente, sempre più ricchi, anche in tempi difficili, anzi, soprattutto in tempi difficili… coronavirus docet.
Noi, che crediamo in Gesù, cerchiamo di far crescere un altro tipo di globalizzazione: quella che ci viene suggerita dalla festa di Pentecoste, quella cioè che cerca di vedere nell’umanità non un unico mercato, ma un’unica famiglia, dove il verbo più importante non è ‘guadagnare’ ma ‘condividere’, dove il criterio di successo di un’esistenza non è l’ostentazione, ma la relazione.
Una globalizzazione promossa dallo Spirito Santo che supera le barriere e le differenze fra i popoli, fra le culture, fra gli individui.
Noi lo preghiamo perché doni a noi e a tutti gli uomini la capacità e il gusto di parlare un unico linguaggio.
Un caro saluto.

don Gianni.