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È papa Francesco, nell’Amoris Laetitia, che usa questa
espressione, parlando del dialogo in famiglia, dove non si
dovrebbe tendere ad un’uniformità di pensiero, ma piuttosto ad
una diversità riconciliata, dove le differenze restano differenze
con tutta la loro difficoltà se vogliamo, ma invece che origine di
contrasto diventano motivo di arricchimento.
A dirlo così è bello e sembra anche facile. In realtà non è
facile (resta però bello); non è facile perché istintivamente
tendiamo ad eliminare le differenze; istintivamente vorremmo
che tutti fossero come siamo noi. Non solo in famiglia, anche
nella società.
E la nostra società spesso gioca su questo istinto umano, fa
leva sulla difficoltà che la differenza provoca, fa leva sulla paura
del diverso.
E invece di puntare ad una diversità riconciliata tende ad
un’esasperazione della differenza, del contrasto. Basta guardare i
salotti televisivi: i litigi fanno “audience”.
Per fortuna noi abbiamo a che fare con il Signore, che non
ha bisogno di “audience”, non ne ha mai avuto bisogno, neanche
nel Vangelo. Anzi.
E lui ci aiuta nelle difficoltà che provengono dalla nostra
diversità. Ci aiuta non ad eliminare, ma a far combaciare le
differenze.