Ancora accoglienza… uffa!

Scarica il bollettino Insieme del 27 settembre
Oltre il festival dell’economia, si svolge in questi giorni anche la settimana dell’accoglienza, che ci rimanda al tema dei migranti: un tema che sembra essere uscito dalle nostre preoccupazioni.
A parte qualche allarme passeggero, come quello sui clandestini infetti scappati dai centri di raccolta, subito esaurito come bolla di sapone, non mi pare che i migranti siano al momento nell’opinione pubblica l’allarme numero uno.
Quando noi diciamo “migranti”, subito pensiamo agli Africani che sbarcano a Lampedusa e che vengono qui a vendere droga. Ma migranti sono anche i Romeni che vengono
qui a cogliere mele, e migranti sono anche le badanti…
D’accordo, ci sono migranti buoni e migranti meno buoni, ma questo succede anche con i cittadini doc: ci sono quelli onesti e quelli malandrini.
Ho capito: la distinzione che vale è quella fra migranti coi soldi (come il calciatore della cronaca di questi giorni) e quelli senza soldi. Ai primi diamo subito la cittadinanza, agli altri no!
Forse abbiamo bisogno, prima di tutto noi credenti, di chiarirci un po’ le idee sul vocabolo “accoglienza”, cercandolo non solo nel vocabolario, ma anche nel vangelo.
Un caro saluto.

don Gianni.

Tipi da festival

Scarica il bollettino Insieme del 20 settembre
Ho letto che in questi giorni a Moena c’è il festival del “Puzzone” (per chi non lo sapesse, il puzzone è un rinomato formaggio locale), e ho pensato a tutti i festival che si susseguono qua e là…
Ma cos’è un festival? Beh, dovrebbe essere un’occasione in cui viene sottolineato qualcosa (un prodotto, un atteggiamento…) con lo scopo di far conoscere un po’ di più questa realtà e se possibile farla diventare un po’ più presente nella nostra vita: tipo il festival dell’economia per aiutarci a capire e renderci più attenti ai meccanismi economici; o il festival dello sport, per renderci almeno un po’ meno sedentari, eccetera.
Il pericolo potrebbe essere quello di diventare “tipi da festival”, gente che festeggia e poi dimentica, continuando nel nostro comportamento abitudinario senza lasciarci provocare da nessuno stimolo al cambiamento.
Forse succede così anche in campo spirituale, quando andiamo a messa (se ci andiamo): prendiamo la celebrazione e il vangelo come un festival che quando è passato esce dalla nostra coscienza e non ci pensiamo più. Ahi ahi!!
Un caro saluto.

don Gianni.

Il diavolo chiacchierone

Scarica il bollettino Insieme del 13 settembre

Questa è nuova: tra le tante caratteristiche del diavolo, questa ancora mancava. Il diavolo è chiacchierone, anzi è “il grande chiacchierone”. Lo ha detto papa Francesco, nel commentare il vangelo di domenica scorsa, dove ci veniva detto che quando un nostro fratello sbaglia, dovremmo al massimo richiamarlo con discrezione e non andare a raccontare in giro i suoi difetti, “chiacchierargli dietro” come purtroppo succede.
Non è la prima volta che il papa ci richiama a lasciare da parte le chiacchiere… forse insiste perché è un difetto particolarmente presente dalle nostre parti…
Un invito, quello del vangelo, che cozza con l’andazzo generale della nostra società, soprattutto in questo periodo, caratterizzato da campagne elettorali (al plurale, perché non siamo solo noi a prepararci alle elezioni).
Dove, al posto di una presentazione sobria e seria del programma elettorale, si tende troppo spesso a sparlare dell’avversario, sottolineandone i difetti, ricercandoli magari nella sua vita privata, ingrandendoli o addirittura inventandoli…
Si è sempre fatto così, da quando mondo è mondo, si dirà. Probabilmente sì, ma non deve accadere che questo modo di fare non proprio limpido diventi un’abitudine dei nostri rapporti quotidiani.
Un caro saluto.

don Gianni.

Proviamo a riprendere

Scarica il bollettino Insieme del 6 settembre

In questo clima di incertezza che guarda alla ripresa della scuola come al punto focale del nostro futuro prossimo (il corona virus riprenderà alla grande o no???), anche noi comunità cristiana cerchiamo di riprendere, almeno un po’, la “normale amministrazione”, cioè quelle attività che fanno normalmente parte dell’agire di una comunità cristiana, oltre la celebrazione della messa, ovviamente.
Abbiamo ripreso a celebrare i battesimi, perfino un matrimonio, i ministri dell’Eucarestia hanno ripreso la visita ai malati con la comunione, con tutta la prudenza e la discrezione del caso; in questo mese celebreremo le prime comunioni “a rate”, pochi bambini per volta, e si studia come riprendere gli incontri di
catechesi…
Insomma si prova. Si prova a percorrere qualche strada nuova, vista l’impossibilità di riprendere le cose allo stesso modo di prima.
Si riprende con la consapevolezza che probabilmente il Signore vuol suggerirci qualche cosa: succede spesso così nella storia della salvezza.
C’è solo da pregare di essere abbastanza attenti a cogliere i suggerimenti che vengono dalle situazioni. Anche il corona virus può aiutarci ad ascoltare con più attenzione quello che il Signore vuol dire alla sua chiesa.
Un caro saluto

don Gianni.

Gradite sorprese

Scarica il bollettino Insieme del 30 agosto
Sembra, a sentire una ricerca svolta dall’università statale di Milano, e riportata da Vita Trentina, che il coronavirus abbia fatto aumentare il tempo della preghiera e la frequenza alle funzioni religiose, ovviamente in modo virtuale.
Sembra strano, ma se è vero, meglio così. A pensarci bene è vero che alcune immagini di quei mesi hanno colpito profondamente l’opinione pubblica: quel venerdì santo con la via Crucis del papa, composta dalla gente del carcere, o quella sua preghiera davanti al crocifisso “della peste”, nella desolazione di una piazza deserta sotto la pioggia, hanno avuto un impatto molto forte anche su di noi…
Forse è anche per questo che per alcuni cristiani, come dicevo la settimana scorsa, il ritorno alle funzioni “nostrane” dove non è così evidente l’eccezionalità, ma risalta di più il “grigiore” della quotidianità, può essere un po’ più difficile.
Eppure se penso che il nostro Dio è il Dio della quotidianità, che agisce nelle pieghe della storia, e che ha passato trent’anni a piallare travi nella bottega di Giuseppe, a fronte di tre anni di miracoli; se penso a questo, sento che lo Spirito Santo agisce sia nello “scoop” che nel “non c’è niente di nuovo”.
Un caro saluto.

don Gianni.

La parrocchia servirà pur a qualcosa. O no?

Scarica il bollettino Insieme del 24 agosto

Alcuni miei confratelli, durante il periodo dell’emergenza stretta, trasmettevano la messa in “streaming”, come si dice, cioè
diffusa su internet: tutti i parrocchiani erano molto contenti.
Ma quando si è ripresa la celebrazione in chiesa e questi confratelli hanno pensato di cancellare la messa in internet, alcuni
li hanno pregati di continuare: “È così comodo seguire la messa comodamente seduti in giardino, sorseggiando una birra alla frescura della sera…”
È un caso limite, lo ammetto. Per fortuna ci sono state e ci sono tuttora le messe in televisione. Ma dovremmo stare attenti, chi non è relegato in casa, a non perdere il contatto con la nostra comunità concreta.
Lo so, lo so: le prediche in tv sono più belle, il coro in tv canta meglio, tra i fedeli in tv non c’è il vicino antipatico o il parente con cui sono in rotta…
La mia comunità parrocchiale può essere sgangherata, zoppicante, indisponente però…
Però è la mia comunità, è quella in cui vivo ed è reale.
Una realtà, ripeto, non perfetta, ma reale. Appunto.
Un caro saluto.

don Gianni.

Ferragosto e Assunta

Scarica il bollettino Insieme del 9 e 16 agosto

Laicamente ferie d’agosto. Cristianamente assunzione di Maria.
Già il nome indica una diversa prospettiva: uno pone l’accento sul riposo dal lavoro, sulla vacanza, sul relax meritato.
L’altro invita a riflettere un attimo a come saremo… da defunti.
Niente paura! Non c’è niente di macabro. Solamente la sottolineatura, serena, della nostra dimensione umana, fisica, terrestre, che anch’essa ci “seguirà” nell’aldilà.
Si dice, di solito, che non ci porteremo dietro niente nell’aldilà. È vero, ma non del tutto. Non ci porteremo dietro le cose che “possediamo” (niente borse di Prada, tanto per cambiare); ma quello che siamo sì, quello ce lo porteremo dietro: i nostri sentimenti, i nostri affetti, i tratti del nostro carattere (anche quelli che giudichiamo negativi e che vedremo,
probabilmente, sotto una luce diversa), le nostre cicatrici del
corpo e dell’anima… Tutto immerso, purificato e illuminato dall’eternità.
Ed è bello pensare che tutta la realtà della nostra vita entrerà a far parte del Regno.
Ce lo assicurano Gesù risorto e Maria assunta in cielo.
Un caro saluto.

don Gianni.

Ripiegati su noi stessi?

Scarica il bollettino Insieme del 2 agosto


Siamo forse così preoccupati e presi dai nostri problemi e dai nostri guai, che pur esistono e sono anche gravi per parecchie persone; siamo così preoccupati dai nostri problemi da dimenticarci, o ancora peggio, ignorare deliberatamente i problemi degli altri?
“Prima risolviamo i nostri problemi, poi, quando avremo finito con i nostri, ci occuperemo (forse, se ne abbiamo ancora voglia, se qui e se là…) dei problemi degli altri”.
È un ritornello che già sentivamo prima della pandemia, e che si era imposto all’attenzione di tutti, condito com’è di buon senso comune.
Adesso, con gli attuali problemi, è diventato un “mantra”, una frase che si ripete e che non ammette contestazioni.
E così rischiamo di dimenticarci, anche noi credenti, che la ricetta, se ne esiste una, per risolvere i problemi, contiene necessariamente l’ingrediente “solidarietà”.
In altre parole: se i cinque pani e i due pesci ce li teniamo per noi, finiamo per restare affamati. Se invece li mettiamo a disposizione, ci saziamo noi e gli altri.
Assurdo? Certo, è vangelo!
Un caro saluto.

don Gianni.

Dio e le teste dure

Scarica il bollettino Insieme del 26 luglio


Le teste dure, ovviamente, siamo noi. Noi uomini, noi credenti. È curioso vedere nella Bibbia che spesso anche i credenti fedeli faticano ad affidarsi ai disegni del Signore, il quale è costretto a usare, diciamo così, le maniere dure per convincerli.
Succede con gli antichi Ebrei, al tempo dei profeti, quando c’è stato bisogno della distruzione del tempio (la casa stessa di Dio!) e della città di Gerusalemme e della deportazione a Babilonia per far compiere ai credenti di allora un salto di qualità.
Ma succede anche con i primi cristiani, al tempo degli apostoli addirittura, quando c’è stato bisogno di una persecuzione perché i fedeli cominciassero a diffondere il vangelo fuori di casa loro lasciando divani e pantofole…
Forse sta succedendo lo stesso ai nostri giorni: lo sconcerto di molti fedeli, la tiepidezza di molti adulti, l’indifferenza della quasi totalità dei giovani, la perdita di autorevolezza
dell’istituzione chiesa, potrebbero essere lo scrollone che il Signore ci dà per farci accorgere che le cose cambiano. E allora che fare? Metterci in ricerca, come ci suggerisce con insistenza papa Francesco, o rifugiarci nella nostalgia e nel rimpianto?
Un caro saluto

don Gianni.

Pentole e coperchi

Scarica il bollettino Insieme del 29 luglio

Il proverbio dice che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, per dire che le cose fatte con l’aiuto del maligno o seguendo le sue tentazioni, cioè fatte con inganno, o con ipocrisia, con superbia e via dicendo, riescono solo a metà; sembrano ben fatte, ma poi rivelano immancabilmente qualche lato debole, sono come pentole senza coperchio, appunto.
E prima o poi le cose storte vengono a galla, le falsità vengono alla luce: le bugie, dice un altro proverbio, hanno le gambe corte. Insomma, la malignità non la fa mai franca a lungo.
Il punto dolente, per noi, è che le pentole (quelle fatte dal diavolo, intendo) appaiono perfette, anzi, tante volte migliori, più a buon mercato e più belle delle altre, finché non ci dobbiamo cuocere qualcosa e ci accorgiamo dell’inganno.
E questo spiega molte volte il perché abbiano così successo e perché tutti noi sentiamo la tentazione di comperarle.
Forse sviluppare lo spirito cristiano, fare riferimento al vangelo e ai valori veri della vita senza fermarci alle cose superficiali, ci serve anche per capire se le pentole con cui abbiamo a che fare siano dotate o meno di un bel coperchio.
Un caro saluto.

don Gianni.