Come siamo cari!!

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Quando ero prete alle prime armi (armi: faccio per dire!),
una gentil signora, in tono molto materno e “vissuto”, di fronte a
certe mie titubanze, mi disse, scioccandomi un po’: “Si ricordi,
reverendo, che tutto ha un prezzo!”.
Ero giovane, allora, e pieno di begli ideali; lei adulta ed
esperta della vita.
Ma non mi sono mai trovato a doverle dare ragione. Neanch’io, come voi, non ho mai creduto e non credo
tuttora che tutto abbia un prezzo, che tutto si possa comprare.
Soprattutto le persone.
Nonostante che oggi la società sembri adorare solo il dio
soldo e le persone che fanno “tendenza” spesso tendano solo ad
aumentare il prezzo sul loro cartellino.
E per fortuna che la pensiamo così: ve lo immaginereste
voi un mondo in cui tutto e tutti si potessero comprare e il valore
delle persone fosse solo questione di prezzo?
È vero che ogni tanto qualche scivolone nel tempio del dio
denaro capita anche a noi, purtroppo, ma si tratta appunto di
scivoloni.
Però mi viene un dubbio. Non sarà che mi sbaglio? Forse
anch’io, anche noi abbiamo un prezzo. “Siamo stati comprati a
caro prezzo” ci dice la parola di Dio, “a prezzo del sangue di
Cristo”. Ah, meno male!

Ritornano i fantasmi?

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Qualcuno dice che sono ritornati fra di noi i fantasmi: gli
spettri del razzismo, della criminalizzazione degli “altri”, del
mito delle barriere che ci salveranno dalla distruzione,
dall’estinzione.
E’ vero che in giro c’è questa sensazione, anche se non so
quanto questa “tendenza” sia effettivamente estesa e condivisa, o
se sia più rumore di zucche vuote e fumo senza arrosto.
Sta il fatto che il pericolo c’è.
Ma per fortuna esiste anche l’antidoto.
La giornata missionaria mondiale che celebriamo
quest’oggi ci assicura che lo spirito missionario è l’antidoto a
tutte le epidemie di razzismo, di complessi di superiorità, di
isolazionismo che ci possono minacciare.
Parte dalla convinzione che Dio è il Dio di tutti, è Padre di
tutti e che quindi tutti siamo fratelli. Cose che sappiamo tutti, e
che tutti abbiamo ripetuto chissà quante volte, e che non
possiamo dimenticare o rinnegare solo per il fatto che a un certo
punto diventano difficili da praticare.
Essere fratelli non è sempre facile, vivere ed agire da
fratelli non è sempre scontato ed indolore. Però siamo convinti
che ce la possiamo fare, con una buona dose di spirito
missionario.

La parrocchia che non c’è.

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Veramente il titolo giusto sarebbe “L’isola che non c’è”: una
canzone degli anni ’80 che certamente qualcuno ricorda. Mi serve per
continuare la riflessione su quello che dice il nostro vescovo Lauro.
Nell’incontro con noi preti, sviluppando i temi dell’assemblea
diocesana, ci diceva che spesso noi credenti abbiamo in testa l’idea di
una parrocchia che non esiste più, quella legata al campanile, con tutte
le strutture, tutti i gruppi, tutte le possibilità di celebrazioni e di orari…
E anche se ci accorgiamo che la realtà è cambiata, continuiamo,
per inerzia, a riferirci a questo modello che resiste nella mentalità
comune e se ci scontriamo con qualche problema continuiamo a cercare
la soluzione secondo questo modello che, continua don Lauro, non
esiste più.
Esempio, gli orari delle messe: la messa a Ravina è scomoda?
Ruotiamo gli orari con Romagnano! Si potrebbe fare, anche se ritengo
meno complicato che la gente di Ravina vada a Romagnano e
viceversa, se gli orari sono più comodi.
O la catechesi: c’è ancora qualcuno che non digerisce il fatto che
siano genitori e nonni a fare catechesi, anziché gli “addetti specifici”.
Per fortuna le nostre comunità hanno intrapreso un cammino con
buona lena, cercando di superare la logica del campanilismo,
nonostante certe difficoltà oggettive.
Si tratta di proseguire su questo cammino, con fantasia e magari
anche con qualche (speriamo piccolo) disagio.
Un caro saluto. don Gianni.