Che sia l’amore che ci tiene svegli…

scarica il bollettino Insieme del 1 dicembre

non la paura. Così dovrebbe essere per noi credenti. L’invito che ci viene rivolto dal tempo di avvento è quello di essere svegli e attenti, non per la paura che arriva il castigamatti (persona che sa mettere in riga o con le buone o con la cattive, i
ribelli), ma per il desiderio di incontrare Gesù, colui al quale vogliamo bene.
Stare svegli e attenti per imparare “a distinguere dal rumore de’ passi comuni, il rumore d’un passo aspettato”… È quel passo del Signore che viene e che tante volte, nella nostra esperienza, sappiamo riconoscere e accogliere nei bisogni dell’umanità vicina e lontana colpita da terremoti, alluvioni, carestie; ma è anche quel passo che talvolta assume la pesantezza del vicino che crea rogne, del familiare noioso, del compagno di scuola problematico, del collega di lavoro carognetta anzichenò…
Anche in questi passi pesanti posso allenarmi a riconoscere la leggerezza del passo aspettato con gioiosa apprensione, quel passo del Salvatore, che viene a “salvare”, dare gusto, profondità, respiro, anche alla mia vita.
Un buon avvento a noi tutti, allora.
don Gianni.

Vatti a fidare…

scarica il bollettino Insieme del 24 novembre

Chissà se ci siamo mai trovati a pronunciare questa frase; probabilmente sì, è capitato a tutti di ricevere qualche colpo basso da qualcuno di cui ci fidavamo (in politica è diventato celebre a
proposito lo “stai sereno”…).
Qualche volta la posta in gioco è grande, altre meno, ma sempre ricevere una fregatura ci lascia con una sensazione amara e una ferita, la diffidenza, che tarda a guarire.
Di chi ci potremo mai fidare? È una domanda che esprime una delle crisi dei nostri tempi.
Non so dare ovviamente una risposta. Ma… e se girassimo la questione? Voglio dire: se invece di lamentarmi che non c’è nessuno di cui fidarmi, non cerco di essere io un tipo fidato? Uno che non ti frega, che resta fedele anche di fronte al rischio di rimetterci?
Forse non è un atteggiamento molto di moda. Ma non è nemmeno una rarità. Anzi. Talvolta, ad affrontare il mondo con un po’ di fiducia (e dico fiducia, non ingenuità o superficialità), ci accorgiamo che il prossimo non è proprio tutto così malvagio.
Un caro saluto. don Gianni.

C’è una domanda che mi frulla in testa

scarica il bollettino Insieme del 17 novembre

È una domanda espressa in una lettera pubblicata da Vita Trentina di questa settimana: “Forse le persone migliori se ne sono già andate dalla Chiesa trentina e si stanno impegnando
altrove?” Spero vivamente di no! Lo spero e lo credo per quanto mi è dato da vedere: incontro ogni giorno nelle nostre comunità persone belle, che si impegnano per Dio e per i fratelli con generosità.
Eppure il fatto che qualcuno possa porsi domande come questa, non in polemica, ma sull’onda di una specie di delusione provocata dai credenti (fra i quali anche dei preti, come la lettera lascia capire), mi fa pensare, con un po’ di tristezza a quello che siamo, noi gente di chiesa, o per lo meno a come appariamo.
E mi salta agli occhi la verità di quello che dice S. Paolo in una delle sue lettere: “Portiamo un tesoro in vasi di creta”.
E sia! L’importante è che i nostri vasi di creta non siano così ermeticamente chiusi e corazzati da soffocare il tesoro che c’è dentro. E questo dipende da noi.
Un caro saluto.

don Gianni.

Brico-credenti

scarica il bollettino Insieme del 10 novembre

Se ho bisogno di un armadio e sono capace (o credo di essere capace) di costruirmelo da me, chi me lo fa fare di ricorrere a un falegname? Vado da Brico, mi prendo i pezzi che mi servono,
li taglio, li assemblo ed ecco un magnifico armadio.
Magari non proprio magnifico e perfetto, ma va benissimo per quello che mi serve.
Cosa analoga nella spiritualità: sta diventando sempre più “di moda” il credente fatto da sé, addirittura il cattolico fatto da sé, che decide da sé quello che è giusto e quello che non lo è, quello che vale la pena di seguire e quello che si puòtranquillamente tralasciare, secondo la propria sensibilità (qualche volta secondo il proprio comodo), e poco importa se papa
Francesco è d’accordo o meno.
Invece noi, cattolici di parrocchia, continuiamo a sforzarci di fare le cose assieme, di confrontare le nostre convinzioni con quelle di papa e vescovi, e perfino, udite udite, continuiamo a sforzarci di obbedire alle indicazioni della chiesa!
E il peggio è che ne siamo addirittura fieri.
Cosa ne dite? Non è che siamo irrimediabilmente fuori dalla realtà e della storia?
Un caro saluto.

don Gianni.

A proposito di santità…

scarica il bollettino Insieme del 3 novembre

Ne parla spesso papa Francesco. Ovviamente, si dirà, è il suo mestiere. È vero, ed è anche vero che dice cose che si sono sempre dette, ma le dice in un modo che piace, perché sa sottolineare aspetti apparentemente (e sottolineo apparentemente) banali.
Come quando parla della santità del “popolo fedele di Dio”, che egli invita a contemplare con gratitudine “…nei
genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere.
In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della chiesa.”
Una santità quindi che, mi pare di poter dire, non è sinonimo di perfezione, ma che sottolinea la costanza, la fatica del tram tram quotidiano vissuto con consapevolezza, impegno e serenità.
Ripeto: a qualcuno può sembrare banale, ma è la banalità del vangelo delle beatitudini che risentiamo in questi giorni.
Un caro saluto.

don Gianni.

Il coraggio di chi rientra

scarica il bollettino Insieme del 27 ottobre
Si parla tanto di stranieri che arrivano, di Italiani che partono all’estero, si parla di persone che riescono a integrarsi in società straniere oppure che non ce la fanno, o non ci provano nemmeno e restano ai margini…
Si parla poco di persone che rientrano: c’è il missionario che rientra dopo un periodo in missione (ha fatto scalpore la lettera di uno di loro diretta ai cristiani trentini), c’è il professionista che rientra dopo un periodo all’estero…
C’è anche l’Africano che, dopo gli studi in Italia, torna al suo paese.
Di questi ultimi, ne conosco un paio e so quanta fatica hanno fatto e continuano a fare in questa loro scelta, alle prese con una burocrazia miope (molto più che da noi), con i clientelismi che non riconoscono meriti, ma solo favori, soffocando nel cuore la tentazione di credere che hanno fatto la scelta sbagliata, nel
condividere il destino della loro gente invece di restare nell’eldorado europeo.
E quando penso a loro lo faccio con un senso di ammirazione.
E di gratitudine, perché fa sempre bene sapere che c’è gente che prende la vita sul serio.
Un caro saluto.

don Gianni

Persone belle e belle persone

scarica il bollettino Insieme del 20 ottobre

È bello avere a che fare con persone belle. È ancor più bello avere a che fare con belle persone. “Ma è la stessa cosa!” dirà qualcuno. No, non è la stessa cosa e la differenza è sottile, ma mica poi tanto, e voi l’avete già intuita.
Se dico che qualcuno è una persona bella, intendo parlare di solito del suo aspetto fisico: ha un bel viso, un bel corpo, un bel portamento…
Se parlo di “bella persona” mi riferisco a qualcosa di diverso: una bellezza interiore che prende magari anche l’aspetto fisico e lo trasfigura: una bellezza interiore insomma che fa apparire bello (o per lo meno “non brutto”) anche il naso storto.
Cerchiamo, ed è giusto, di essere persone belle, nei limiti del possibile, ovviamente. E la nostra società ci spinge volentieri (ci ossessiona?) in questa direzione.
Forse non prestiamo così tanta attenzione ad essere belle persone.
Peccato, perché il nostro mondo ne ha bisogno. Ha bisogno estremo di gente dall’animo luminoso e profumato, che sono come la lavanda nel cassetto della biancheria: non fa rumore, ma quando apri, la senti.
Un caro saluto.

don Gianni.
Ringrazio le due comunità per la manifestazione di affetto e di simpatia in occasione dei dieci anni di ministero a Ravina e Romagnano. Spero di continuare ad essere in grado di meritare stima e amicizia.

Grazie a tutti. don Gianni.

Le lacrime di Pietro

scarica il bollettino Insieme 13 ottobre 2019

Ho letto in questi giorni una riflessione sul vangelo che mi ha fatto nascere questi pensieri. L’episodio è quello dell’apostolo Pietro che nega di conoscere Gesù, e il suo pianto quando si accorge di aver tradito il maestro. Il vangelo dice che “uscito fuori, pianse amaramente”.
Mi ha sempre colpito quell’ “amaramente”, mi sembra che descriva in profondità il dispiacere di chi si ritrova a fare i conti con la povertà del proprio cuore: da una parte il desiderio di amare, la voglia, il bisogno di un amore assoluto e dall’altra la costatazione della propria fragilità, il fatto che le cose in questo campo non ci riescono mai così belle come le abbiamo pensate e desiderate.
Fa parte, se guardiamo bene, della nostra comune esperienza: ci accorgiamo che l’amore perfetto, ideale, non ci appartiene.
Ma le lacrime di Pietro ci insegnano a non far finta che tutto vada bene con noi, ma ad accettare anche la nostra mancanza per farne il fondamento di una nuova capacità di amore.
(cfr. M.Recalcati: La notte del Getsemani).
Insomma, riusciamo a camminare proprio perché zoppichiamo!
Un caro saluto.

don Gianni.

Parrocchia? No, grazie!

scarica il bollettino Insieme del 6 ottobre

“Io, i miei affari col Signoreddio, me li sbrigo da solo”. Chissà quante volte abbiamo sentito o forse anche pensato e detto una frase simile!
È un concetto giusto, e anche doveroso, almeno in parte: c’è bisogno di un rapporto personale con il Signore e se manca questo “a tu per tu” con Dio o con Gesù, la nostra fede, alla prima contrarietà o quando vengono meno certe condizioni, va a farsi benedire (nel senso che sparisce, va su per il camino…).
Ma non basta l’“a tu per tu”. C’è bisogno anche della comunità. Almeno così appare, mi sembra, da quello che Gesù fa e dice nel vangelo: la preghiera che ci ha insegnato inizia con “Padre nostro”, non “Padre mio”.
È vero che qualche volta il vivere assieme può essere un limite perché ci sentiamo osservati, controllati e talvolta anche giudicati, è anche vero che talvolta andare d’accordo in tanti è particolarmente difficile, però queste difficoltà le dobbiamo affrontare e superare in una fraternità più profonda, non nell’isolamento.
Un caro saluto.don Gianni.

Cattivi? No, solo indifferenti.

scarica il bollettino Insieme del 29 settembre

Quand’ero piccolo, c’era una pubblicità di un purgante (la dolce Euchessina) che diceva: “Non esistono bambini cattivi, esistono solo bambini indisposti”.
Magari non è vero al 100%, ma mi è venuto in mente leggendo le cronache di questi giorni che mi fanno dire “Non esistono (tante) persone cattive: esistono persone indifferenti”.
Insomma, tante volte non è la cattiveria che ci avvelena l’esistenza, quanto l’indifferenza: spesso non siamo cattivi, siamo piuttosto superficiali e indifferenti.
Non ci accorgiamo delle sofferenze altrui e di conseguenza non ci accorgiamo che potremmo dare una mano per alleviarle, oppure concludiamo in fretta che non spetta a noi, c’è chi ci deve pensare…
Oppure siamo troppo concentrati sulle nostre cose, sui nostri progetti, forse sui nostri malanni, e non capiamo che una cura per i nostri guai potrebbe consistere nel prenderci a cuore i guai degli altri…
C’è chi aspira a una vita isolata come in una bolla di sapone.
Non dovrebbe essere il caso di noi, che ci professiamo credenti in Gesù.
Un caro saluto.

don Gianni.