Gradite sorprese

Scarica il bollettino Insieme del 30 agosto
Sembra, a sentire una ricerca svolta dall’università statale di Milano, e riportata da Vita Trentina, che il coronavirus abbia fatto aumentare il tempo della preghiera e la frequenza alle funzioni religiose, ovviamente in modo virtuale.
Sembra strano, ma se è vero, meglio così. A pensarci bene è vero che alcune immagini di quei mesi hanno colpito profondamente l’opinione pubblica: quel venerdì santo con la via Crucis del papa, composta dalla gente del carcere, o quella sua preghiera davanti al crocifisso “della peste”, nella desolazione di una piazza deserta sotto la pioggia, hanno avuto un impatto molto forte anche su di noi…
Forse è anche per questo che per alcuni cristiani, come dicevo la settimana scorsa, il ritorno alle funzioni “nostrane” dove non è così evidente l’eccezionalità, ma risalta di più il “grigiore” della quotidianità, può essere un po’ più difficile.
Eppure se penso che il nostro Dio è il Dio della quotidianità, che agisce nelle pieghe della storia, e che ha passato trent’anni a piallare travi nella bottega di Giuseppe, a fronte di tre anni di miracoli; se penso a questo, sento che lo Spirito Santo agisce sia nello “scoop” che nel “non c’è niente di nuovo”.
Un caro saluto.

don Gianni.

La parrocchia servirà pur a qualcosa. O no?

Scarica il bollettino Insieme del 24 agosto

Alcuni miei confratelli, durante il periodo dell’emergenza stretta, trasmettevano la messa in “streaming”, come si dice, cioè
diffusa su internet: tutti i parrocchiani erano molto contenti.
Ma quando si è ripresa la celebrazione in chiesa e questi confratelli hanno pensato di cancellare la messa in internet, alcuni
li hanno pregati di continuare: “È così comodo seguire la messa comodamente seduti in giardino, sorseggiando una birra alla frescura della sera…”
È un caso limite, lo ammetto. Per fortuna ci sono state e ci sono tuttora le messe in televisione. Ma dovremmo stare attenti, chi non è relegato in casa, a non perdere il contatto con la nostra comunità concreta.
Lo so, lo so: le prediche in tv sono più belle, il coro in tv canta meglio, tra i fedeli in tv non c’è il vicino antipatico o il parente con cui sono in rotta…
La mia comunità parrocchiale può essere sgangherata, zoppicante, indisponente però…
Però è la mia comunità, è quella in cui vivo ed è reale.
Una realtà, ripeto, non perfetta, ma reale. Appunto.
Un caro saluto.

don Gianni.

Ferragosto e Assunta

Scarica il bollettino Insieme del 9 e 16 agosto

Laicamente ferie d’agosto. Cristianamente assunzione di Maria.
Già il nome indica una diversa prospettiva: uno pone l’accento sul riposo dal lavoro, sulla vacanza, sul relax meritato.
L’altro invita a riflettere un attimo a come saremo… da defunti.
Niente paura! Non c’è niente di macabro. Solamente la sottolineatura, serena, della nostra dimensione umana, fisica, terrestre, che anch’essa ci “seguirà” nell’aldilà.
Si dice, di solito, che non ci porteremo dietro niente nell’aldilà. È vero, ma non del tutto. Non ci porteremo dietro le cose che “possediamo” (niente borse di Prada, tanto per cambiare); ma quello che siamo sì, quello ce lo porteremo dietro: i nostri sentimenti, i nostri affetti, i tratti del nostro carattere (anche quelli che giudichiamo negativi e che vedremo,
probabilmente, sotto una luce diversa), le nostre cicatrici del
corpo e dell’anima… Tutto immerso, purificato e illuminato dall’eternità.
Ed è bello pensare che tutta la realtà della nostra vita entrerà a far parte del Regno.
Ce lo assicurano Gesù risorto e Maria assunta in cielo.
Un caro saluto.

don Gianni.

Ripiegati su noi stessi?

Scarica il bollettino Insieme del 2 agosto


Siamo forse così preoccupati e presi dai nostri problemi e dai nostri guai, che pur esistono e sono anche gravi per parecchie persone; siamo così preoccupati dai nostri problemi da dimenticarci, o ancora peggio, ignorare deliberatamente i problemi degli altri?
“Prima risolviamo i nostri problemi, poi, quando avremo finito con i nostri, ci occuperemo (forse, se ne abbiamo ancora voglia, se qui e se là…) dei problemi degli altri”.
È un ritornello che già sentivamo prima della pandemia, e che si era imposto all’attenzione di tutti, condito com’è di buon senso comune.
Adesso, con gli attuali problemi, è diventato un “mantra”, una frase che si ripete e che non ammette contestazioni.
E così rischiamo di dimenticarci, anche noi credenti, che la ricetta, se ne esiste una, per risolvere i problemi, contiene necessariamente l’ingrediente “solidarietà”.
In altre parole: se i cinque pani e i due pesci ce li teniamo per noi, finiamo per restare affamati. Se invece li mettiamo a disposizione, ci saziamo noi e gli altri.
Assurdo? Certo, è vangelo!
Un caro saluto.

don Gianni.

Dio e le teste dure

Scarica il bollettino Insieme del 26 luglio


Le teste dure, ovviamente, siamo noi. Noi uomini, noi credenti. È curioso vedere nella Bibbia che spesso anche i credenti fedeli faticano ad affidarsi ai disegni del Signore, il quale è costretto a usare, diciamo così, le maniere dure per convincerli.
Succede con gli antichi Ebrei, al tempo dei profeti, quando c’è stato bisogno della distruzione del tempio (la casa stessa di Dio!) e della città di Gerusalemme e della deportazione a Babilonia per far compiere ai credenti di allora un salto di qualità.
Ma succede anche con i primi cristiani, al tempo degli apostoli addirittura, quando c’è stato bisogno di una persecuzione perché i fedeli cominciassero a diffondere il vangelo fuori di casa loro lasciando divani e pantofole…
Forse sta succedendo lo stesso ai nostri giorni: lo sconcerto di molti fedeli, la tiepidezza di molti adulti, l’indifferenza della quasi totalità dei giovani, la perdita di autorevolezza
dell’istituzione chiesa, potrebbero essere lo scrollone che il Signore ci dà per farci accorgere che le cose cambiano. E allora che fare? Metterci in ricerca, come ci suggerisce con insistenza papa Francesco, o rifugiarci nella nostalgia e nel rimpianto?
Un caro saluto

don Gianni.

Pentole e coperchi

Scarica il bollettino Insieme del 29 luglio

Il proverbio dice che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, per dire che le cose fatte con l’aiuto del maligno o seguendo le sue tentazioni, cioè fatte con inganno, o con ipocrisia, con superbia e via dicendo, riescono solo a metà; sembrano ben fatte, ma poi rivelano immancabilmente qualche lato debole, sono come pentole senza coperchio, appunto.
E prima o poi le cose storte vengono a galla, le falsità vengono alla luce: le bugie, dice un altro proverbio, hanno le gambe corte. Insomma, la malignità non la fa mai franca a lungo.
Il punto dolente, per noi, è che le pentole (quelle fatte dal diavolo, intendo) appaiono perfette, anzi, tante volte migliori, più a buon mercato e più belle delle altre, finché non ci dobbiamo cuocere qualcosa e ci accorgiamo dell’inganno.
E questo spiega molte volte il perché abbiano così successo e perché tutti noi sentiamo la tentazione di comperarle.
Forse sviluppare lo spirito cristiano, fare riferimento al vangelo e ai valori veri della vita senza fermarci alle cose superficiali, ci serve anche per capire se le pentole con cui abbiamo a che fare siano dotate o meno di un bel coperchio.
Un caro saluto.

don Gianni.

Un profeta che canta l’amore

Scarica il bollettino Insieme del 12 luglio

In questi giorni passati la liturgia ci proponeva le letture del profeta Osea.
A me è sempre piaciuto questo Osea, perché ha i piedi molto per terra, sa fare i conti con la cattiveria umana, o comunque con la nostra miseria o debolezza, se non è proprio cattiveria; la sa guardare in faccia senza perdere la sua fiducia profonda, la capacità di vedere il lato positivo delle cose, anche quando questo lato positivo è piccolo piccolo…
Parla tanto e con profondità della bellezza e della forza dell’amore.
Di quale amore? Dell’amore di Dio o dell’amore umano? Di tutti e due! Anzi no: l’amore è amore punto e basta, senza aggettivi.
E se volete proprio fare la differenza: l’amore umano qualche volta zoppica, l’amore di Dio no.
E Osea descrive la bellezza dell’amore, anche di quello zoppicante, come è il nostro. Un amore che fa star bene: non solo la gente, ma anche le cose, la natura, addirittura il cosmo, l’universo, che funziona anch’esso per amore.
Lo so, noi guardiamo all’universo piuttosto con gli occhi di Einstein che di Osea, però chi lo dice che i due non possano, anzi non debbano, darsi la mano?!
Un caro saluto.

don Gianni.

5€ in più oggi, 50€ in meno domani (o forse anche 500)!

Scarica il bollettino Insieme del 5 luglio

Sono sicuro che tutti siamo stati scossi dalla scoperta della banda “Canova regna” e del giro di droga che alimentava, e soprattutto ci stupisce la disponibilità di denaro da parte di
giovanissimi (qualcuno spendeva anche 500 euro a settimana).
La prima domanda che salta in testa è dove lo trovavano tanto denaro quei minorenni? Domanda che se ne tira dietro tante altre…
Alla fine ci si chiede: come si può prevenire, come educare i ragazzi a evitare queste cose?
E rifletto sulla tradizione cristiana che ha sempre insistito sul valore educativo della generosità-solidarietà: insegnare a condividere anche il proprio denaro fin da piccoli, è una specie di buon vaccino per evitare spese superflue o addirittura dannose da grandi: in altre parole: dai 5 euro al povero oggi ed eviterai di darne 50 o 500 allo spacciatore domani…
Così ci si prepara a diventare persone che danno il proprio aiuto alla povera gente invece che alle mafie dello spaccio.
La tradizione cristiana, ripeto, l’ha sempre proposto come un ottimo metodo educativo. L’unica difficoltà di questo metodo potrebbe essere il fatto che oggi sembrano farsi sempre più rari i genitori che lo praticano loro per primi e di conseguenza sono in
grado di insegnarlo. O no?
Un caro saluto.

don Gianni.

Hashtag vescovile

Scarica il bollettino Insieme del 28 giugno

Della lettera del vescovo la prima cosa che mi colpisce è il titolo, e il modo in cui è scritto, che riprende la forma dei messaggi sui social: #noirestiamovulnerabili. Si chiama hashtag (lo dico per chi, come me, non usa Facebook, twitter e compagnia bella).
È una costatazione, ma anche, voglio pensare, un programma.
L’ho associato, per contrasto, a una pubblicità che sento alla radio di una qualche vettura: l’imbonitore si rivolge al cliente a bassa voce, per non essere sentito, mentre parla di limitazioni e di prudenza, dalle sue vetture che mordono il freno, tutte smaniose di tornare all’avventura per mostrare la loro potenza…
Pubblicità intelligente e centrata, perché richiama in modo pittoresco un atteggiamento: quello di chi desidera cancellare l’esperienza di questi mesi, per tornare a vivere come prima, anzi più di prima.
Un atteggiamento opposto a quello di chi confessa “che restiamo vulnerabili”.
Può piacere o non piacere, ma questo è un messaggio di una spiritualità profonda, di una umiltà evangelica che non ripudia la debolezza, ma la accetta come parte integrante dell’essere umano, da affrontare e da superare, se possibile, con serenità, senza vergogna, in se stessi e soprattutto nel prossimo. Non sono perfetto, e questa dovrebbe essere una consapevolezza che mi aiuta a voler più bene alla gente e alle sue debolezze.
Un caro saluto.

don Gianni.

Slogan da concretizzare

Scarica il bollettino Insieme del 21 giugno

Oggi mi lascio “suggestionare”, o meglio “ispirare” da don Cristiano, che nell’inserto di Vita Trentina, riprende uno degli slogan di moda nei mesi scorsi: “Nulla sarà più come prima”.
E si chiede: “In che cosa? In che modo noi, la realtà che ci circonda, la società, non saremo più come prima?” E conclude confessando di non avere una risposta da dare: bisogna aspettare e vedere…
Ed io aggiungerei: aspettare e darsi da fare affinché possiamo essere sul serio un po’ diversi da come eravamo, possibilmente migliori. Perché non è detto che il cambiamento ci sarà
automaticamente, e sarà in meglio.
Se cambiamento ci sarà, sarà perché lo costruiamo noi e sarà come lo costruiamo noi.
Nella società e nella chiesa. È il momento di prenderci sul serio, di non lasciare spegnere quelle fiammelle che questo periodo, per tanti versi di sofferenza, ha acceso in noi; è il momento di concretizzare quelle intuizioni, di mantenere quello
sguardo un po’ più limpido e non lasciare che tutto ritorni al grigiore consueto, facendoci dire con rimpianto: “credevo che… e
invece…”.
Un caro saluto.

don Gianni.