Quarta domenica del Tempo ordinario

Scarica il bollettino Insieme del 30 gennaio

Nel Vangelo di oggi, Gesù, con la sua capacità di penetrare le menti e i cuori, capisce subito che cosa pensano i suoi
compaesani. Essi ritengono che, essendo Lui uno di loro, debba dimostrare la sua strana “pretesa” di essere il Messia facendo dei miracoli lì, a Nazaret, come ha fatto nei paesi vicini. Ma Gesù non vuole e non può accettare questa logica, perché non corrisponde al piano di Dio: Dio vuole la fede, loro vogliono i miracoli, i segni; Dio vuole salvare tutti, e loro vogliono un Messia a proprio vantaggio. Gesù li invita ad aprirsi all’opera di Dio.
Di fronte a questo invito ad aprire i loro cuori alla gratuità e alla universalità della salvezza, i cittadini di Nazaret si ribellano, e addirittura assumono un atteggiamento aggressivo, che degenera al punto che si alzarono e lo cacciarono fuori della città.
Questo Vangelo ci mostra che il ministero pubblico di Gesù comincia con un rifiuto e con una minaccia di morte, paradossalmente proprio da parte dei suoi concittadini. Gesù, nel vivere la missione affidatagli dal Padre, sa bene che deve affrontare la fatica, il rifiuto, la persecuzione e la sconfitta. Un prezzo che, ieri come oggi, la profezia autentica è chiamata a pagare. Il duro rifiuto, però, non scoraggia Gesù, né arresta il cammino e la fecondità della sua azione profetica. Egli va avanti per la sua strada, confidando nell’amore del Padre.

Papa Francesco

DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO

Scarica il bollettino Insieme del 23 gennaio

La Bibbia parla di Cristo e lo annuncia come colui che deve attraversare le sofferenze per entrare nella gloria. Non una sola parte, ma tutte le Scritture parlano di Lui. La sua morte è risurrezione sono indecifrabili senza di esse. Per questo una delle confessioni di fede più antiche sottolinea che Cristo «morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa». Poiché le Scritture parlano di Cristo, permettono di credere che la sua morte e risurrezione non appartengono alla mitologia, ma alla storia e si trovano al centro della fede dei suoi discepoli. È profondo il vincolo tra la Sacra Scrittura e la fede dei credenti.
Poiché la fede proviene dall’ascolto e l’ascolto è incentrato sulla parola di Cristo, l’invito che ne scaturisce è l’urgenza e l’importanza che i credenti devono riservare all’ascolto della Parola del Signore sia nell’azione liturgica, sia nella preghiera e riflessione personali.
La frequentazione costante della Sacra Scrittura e la celebrazione dell’Eucaristia rendono possibile il riconoscimento fra persone che si appartengono. Come cristiani siamo un solo popolo che cammina nella storia, forte della presenza del Signore in mezzo a noi che ci parla e ci nutre.

Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella
comunità dei credenti. Per questo abbiamo bisogno di entrare in confidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimenti il cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiusi, colpiti come siamo da innumerevoli forme di cecità.
Sacra Scrittura e Sacramenti tra loro sono inseparabili. Quando i Sacramenti sono introdotti e illuminati dalla Parola, si manifestano più chiaramente come la meta di un cammino dove Cristo stesso apre la mente e il cuore a riconoscere la sua azione salvifica. È necessario, in questo contesto, non dimenticare l’insegnamento che viene dal libro dell’Apocalisse. Qui viene insegnato che il Signore sta alla porta e bussa. Se qualcuno
ascolta la sua voce e gli apre, Egli entra per cenare insieme.
Cristo Gesù bussa alla nostra porta attraverso la Sacra Scrittura; se ascoltiamo e apriamo la porta della mente e del cuore, allora entra nella nostra vita e rimane con noi.

Papa Francesco

Scarica il bollettino Insieme del 16 gennaio

Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 2,1-11) troviamo il racconto del primo dei miracoli di Gesù. Il primo di questi segni prodigiosi si compie nel villaggio di Cana.
Nel contesto dell’Alleanza si comprende pienamente il senso del simbolo del vino, che è al centro di questo miracolo. Proprio quando la festa è al culmine, il vino è finito; la Madonna se ne accorge e dice
a Gesù: «Non hanno vino» (v. 3). Perché sarebbe stato brutto continuare la festa con l’acqua! Una figuraccia, per quella gente. La Madonna se ne accorge e, siccome è madre, va subito da Gesù. Le
Scritture, specialmente i Profeti, indicavano il vino come elemento tipico del banchetto messianico (cfr Am 9,13-14; Gl 2,24; Is 25,6).
L’acqua è necessaria per vivere, ma il vino esprime l’abbondanza del banchetto e la gioia della festa. Una festa senza vino? Non so…
Trasformando in vino l’acqua delle anfore utilizzate «per la purificazione rituale dei Giudei» (v. 6) – era l’abitudine: prima di entrare in casa, purificarsi –, Gesù compie un segno eloquente: trasforma la Legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia.
Vorrei sottolineare un’esperienza che sicuramente tanti di noi abbiamo avuto nella vita. Quando siamo in situazioni difficili, quando avvengono problemi che noi non sappiamo come risolvere, quando
sentiamo tante volte ansia e angoscia, quando ci manca la gioia, andare dalla Madonna e dire: “Non abbiamo vino. E’ finito il vino: guarda come sto, guarda il mio cuore, guarda la mia anima”. Dirlo alla Madre. E lei andrà da Gesù a dire: “Guarda questo, guarda questa: non ha vino”. E poi, tornerà da noi e ci dirà: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.

Per ognuno di noi, attingere dall’anfora equivale ad affidarsi alla Parola e ai Sacramenti per sperimentare la grazia di Dio nella nostra vita. Allora anche noi, come il maestro di tavola che ha assaggiato l’acqua diventata vino, possiamo esclamare: «Tu hai tenuto da parte il vino buono finora» (v. 10). Sempre Gesù ci sorprende. Parliamo alla Madre perché parli al Figlio, e Lui ci sorprenderà.

Papa Francesco

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“Oggi, al termine del Tempo liturgico del Natale, celebriamo la festa del Battesimo del Signore. La liturgia ci chiama a conoscere più pienamente Gesù del quale, da poco, abbiamo celebrato la nascita; e per questo il Vangelo (cfr Lc 3,15-16.21-
22) illustra due elementi importanti: il rapporto di Gesù con la gente e il rapporto di Gesù con il Padre.
Unendosi al popolo che chiede a Giovanni il Battesimo di conversione, Gesù ne condivide anche il desiderio profondo di rinnovamento interiore. E lo Spirito Santo che discende sopra di Lui «in forma corporea, come una colomba» (v. 22) è il segno che con Gesù inizia un mondo nuovo, una “nuova creazione” di cui fanno parte tutti coloro che accolgono Cristo nella loro vita.
Anche a ciascuno di noi, che siamo rinati con Cristo nel Battesimo, sono rivolte le parole del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (v. 22). Questo amore del Padre, che abbiamo ricevuto tutti noi nel giorno del nostro Battesimo, è una fiamma che è stata accesa nel nostro cuore, e richiede di essere alimentata mediante la preghiera e la carità.
Il secondo elemento sottolineato dall’evangelista Luca è che, dopo l’immersione nel popolo e nelle acque del Giordano, Gesù si “immerge” nella preghiera, cioè nella comunione col Padre. Il battesimo è l’inizio della vita pubblica di Gesù, della sua missione nel mondo come inviato del Padre per manifestare la sua bontà e il suo amore per gli uomini.

Cari fratelli e sorelle, la festa del Battesimo del Signore è una occasione propizia per rinnovare con gratitudine e convinzione le promesse del nostro Battesimo, impegnandoci a vivere quotidianamente in coerenza con esso.
È molto importante anche, come vi ho detto svariate volte, conoscere la data del nostro Battesimo. Io potrei domandare:
“Chi di voi conosce la data del suo Battesimo?”. Non tutti, di sicuro. Se qualcuno di voi non la conosce, tornando a casa, la chieda ai propri genitori, ai nonni, agli zii, ai padrini, agli amici di famiglia… Chieda: “In quale data sono stato battezzato, sono stata battezzata?”. E poi non dimenticarla: che sia una data custodita nel cuore per festeggiarla ogni anno.”

Papa Francesco

A Natale la Parola di Dio, Gesù, si fa carne per abitare in mezzo a noi.

La Messa di Natale delle ore 18,30 dalla chiesa di Ravina la si può seguire da casa sul canale youtube al seguente link: https://youtu.be/NWgiJpdnbt8

La Messa di Natale delle ore 23,00 dalla chiesa di Ravina la si può seguire da casa sul canale youtube al seguente link: https://youtu.be/RNS3C4y-XWs

A Natale la Parola di Dio, Gesù, si fa carne per abitare in mezzo a noi. Non è solo porre il bambinello nel presepe o accendere le luci sui balconi a creare il clima della festa della natività. Dio vuole costruire la sua tenda nel nostro cuore, nel centro del centro di noi stessi.
Proviamo a regalarci questo incontro quest’anno! Ascoltiamo la sua Parola, meditiamola, lasciamo che in noi trovi casa…
(don Emanuele e le comunità di Ravina e Romagnano)

O Verbo! O Cristo!
Come sei bello!
Come sei grande!
Chi saprà conoscerti?
Chi potrà comprenderti?
Fa, O Cristo,
che io ti conosca e ti ami!
Poiché tu sei la luce,
lascia che un raggio di questa tua luce divina
invada la mia povera anima,
affinché io possa vederti e comprenderti.
Metti in me una grande fede in te,
affinché tutte le tue parole
siano per me altrettante luci che mi illuminano
e mi facciano venire a te e seguirti
per le vie della giustizia e della verità.
(B. Antonio Chevrier)

CELEBRAZIONI PENITENZIALI CON L’ASSOLUZIONE GENERALE

Scarica il bollettino Insieme del 19 dicembre

Come disposto dal nostro Vescovo, le celebrazioni penitenziali possono essere celebrate con i fedeli, senza la previa confessione individuale, alle condizioni seguenti:

  • le celebrazioni possono aver luogo dal 16 al 23 dicembre 2021 (ad esclusione quindi del 24 dicembre, vigilia di Natale);
  • si abbia cura di predisporre una celebrazione (distinta da quella della Eucaristia) che preveda un tempo adeguato di ascolto della Parola di Dio e uno spazio di preghiera personale e comunitaria in cui esprimere il pentimento e la richiesta del perdono di Dio;
  • si premetta al segno sacramentale dell’assoluzione un’adeguata catechesi che metta in rilievo la straordinarietà della forma adottata, il dono del perdono e della misericordia di Dio, il senso del peccato e l’esigenza di una reale e continua conversione;
  • si invitino i fedeli a fare il proposito di. confessare a tempo debito i. singoli peccati gravi (can. 962);
  • si ricordi che coloro a cui sono stati rimessi i peccati gravi. attraverso l’assoluzione generale sono tenuti ad accostarsi alla. confessione individuale prima di ricevere una nuova assoluzione generale (can. 963)

«Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con
tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sof 3,14)

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Questo appello del profeta è particolarmente appropriato nel tempo in cui ci prepariamo al Natale, perché si applica a Gesù, l’Emmanuele, il Dio-con-noi: la sua presenza è la sorgente della gioia. Infatti Sofonia proclama: «Re d’Israele è il Signore in mezzo a te»; e poco dopo ripete: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente» (vv. 15.17). Questo messaggio trova il suo pieno
significato nel momento dell’annunciazione a Maria, narrata dall’evangelista Luca. Le parole, che abbiamo ascoltato nella solennità dell’Immacolata, rivolte dall’angelo Gabriele alla Vergine sono come un’eco di quelle del profeta. Cosa dice l’arcangelo Gabriele? «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28).
“Rallegrati”, dice alla Madonna. In un borgo sperduto della Galilea, nel cuore di una giovane donna ignota al mondo, Dio accende la scintilla della felicità per il mondo intero. E oggi lo stesso annuncio è rivolto alla Chiesa, chiamata ad accogliere il Vangelo perché diventi carne, vita concreta. Dice alla Chiesa, a tutti noi: “Rallegrati, piccola comunità cristiana, povera e umile ma bella ai miei occhi perché desideri ardentemente il mio Regno, hai fame e sete di giustizia, tessi con pazienza trame di pace, non insegui i potenti di turno ma rimani fedelmente accanto ai poveri. E così non hai paura di nulla ma il tuo cuore è nella gioia”. Se noi viviamo così, alla presenza del Signore, il nostro cuore sempre sarà nella gioia. La gioia “di alto livello”, quando c’è, piena, e la gioia umile di tutti i giorni, cioè la pace. La pace è la gioia più piccola, ma è gioia.

Papa Francesco

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Da oggi saranno le parole che Papa Francesco scrive per commentare la Parola di Dio della domenica ad aiutarci nel nostro cammino di comunità.
Il suo modo di scrivere e di parlare alla chiesa, molto semplice e diretto, può fornirci buone indicazioni per indirizzare il nostro vivere “Insieme” (titolo scelto molto a proposito per questo nostro foglietto domenicale).
Oggi, seconda domenica di Avvento, ci viene indicato come dare sostanza a tale attesa: intraprendendo un cammino di conversione, come ci viene detto da Giovanni Battista.
Per preparare la via al Signore che viene, è necessario tenere conto delle esigenze della conversione a cui invita il Battista. Quali sono queste esigenze di una conversione? Anzitutto siamo chiamati a
bonificare gli avvallamenti prodotti dalla freddezza e dall’indifferenza, aprendoci agli altri con gli stessi sentimenti di Gesù, cioè con quella cordialità e attenzione fraterna che si fa carico delle necessità del prossimo. Bonificare gli avvallamenti prodotti
dalla freddezza. Non si può avere un rapporto di amore, di carità, di fraternità con il prossimo se ci sono dei “buchi”, come non si può andare su una strada con tante buche. Questo richiede di cambiare l’atteggiamento. E tutto ciò, farlo anche con una premura speciale per i più bisognosi. Poi occorre abbassare tante asprezze causate dall’orgoglio e dalla superbia. Quanta gente, forse senza
accorgersene, è superba, è aspra, non ha quel rapporto di cordialità.
Occorre superare questo compiendo gesti concreti di riconciliazione con i nostri fratelli, di richiesta di perdono delle nostre colpe. Non è facile riconciliarsi. Si pensa sempre: “chi fa il primo passo?”. Il
Signore ci aiuta in questo, se abbiamo buona volontà. La conversione, infatti, è completa se conduce a riconoscere umilmente i nostri sbagli, le nostre infedeltà, inadempienze.
Il credente è colui che, attraverso il suo farsi vicino al fratello, come Giovanni il Battista apre strade nel deserto, cioè indica prospettive di speranza anche in quei contesti esistenziali impervi, segnati dal
fallimento e dalla sconfitta. Non possiamo arrenderci di fronte alle situazioni negative di chiusura e di rifiuto; non dobbiamo lasciarci assoggettare dalla mentalità del mondo, perché il centro della nostra vita è Gesù e la sua parola di luce, di amore, di consolazione. È Lui! Il Battista invitava alla conversione la gente del suo tempo con forza, con vigore, con severità. Tuttavia sapeva ascoltare, sapeva compiere gesti di tenerezza, gesti di perdono verso la moltitudine di uomini e donne che si recavano da lui per confessare i propri peccati e farsi battezzare con il battesimo di penitenza.

Papa Francesco

La Chiesa è come una grande orchestra

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«La Chiesa è come una grande orchestra in cui c’è varietà… E questo è il bello della Chiesa: ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri… è una diversità che non entra in conflitto, non si contrappone; è una varietà che si lascia fondere in armonia dallo Spirito Santo»
(Catechesi del Santo Padre Udienza Generale, 09/10/2013)
Ci stiamo preparando al Natale: il Signore verrà ad abitare nelle nostre case, nei nostri cuori, nella nostra comunità cristiana. Come è scritto nell’Apocalisse: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (AP 3,20). Così Gesù si presenterà. Non scenderà da nessun camino, non pretenderà il lusso di essere accolto in case colme di regali, di luci e di alberi di Natale. Il nostro Dio che si fa bambino chiede soltanto di aprire, prima le nostre orecchie per ascoltare la sua Parola, poi la porta del cuore per portarvi serenità, gioia e convivialità.
Si, una volta aperto, spalancato il cuore inizia la festa. L’invito alla cena è l’invito alla messa che è memoriale di quell’ultima cena in cui il Signore si è donato completamente a noi. Prepariamoci allora partecipando alle celebrazioni (sia in presenza che via radio o televisione), in questo periodo in cui il virus ci tiene lontani, sentiamoci sempre di più comunità unita da Dio e capace di donare a nostra volta quell’amore che Lui ci dona a piene mani.
L’immagine dell’orchestra che usa il Papa, nella frase di cappello a questo scritto, rappresenta bene la realtà della nostra parrocchia di Ravina e Romagnano. La diversità di abitare in un posto piuttosto che nell’altro, l’appartenere a vari gruppi che compongono la comunità, non sono segno di ldivisione. Piuttosto raccolgono la possibilità di collaborare insieme per suonare all’unisono la sinfonia scritta nel Vangelo. La bellezza di una composizione musicale si apprezza quando i diversi strumenti, e il loro suono, si fondono per dare origine all’armonia. Questa stessa parola ha anche un significato emozionale molto forte a Natale: rappresenta il focolare familiare dove, i bambini con i loro giochi e gli adulti con il loro desiderio di pace, formano una culla accogliente per il Bambino che viene.
Non tutte le famiglie possono, però, vivere questa realtà armonica: pensiamo a quelle in cui il virus ha portato via qualche caro, pensiamo a quelle che non riescono ad arrivare a fine mese e hanno bisogno dell’aiuto alimentare della Caritas. Ma essere comunità/orchestra vuol dire anche far partecipare tutti alla sinfonia, ecco perché nelle chiese, per tutto il periodo d’Avvento, saranno presenti dei cesti per la raccolta di beni alimentari a lunga conservazione che saranno distribuiti alle famiglie bisognose dei nostri paesi.
Concludo ponendo attenzione al direttore dell’orchestra: allo Spirito Santo.
Egli che ha fatto in modo che nel grembo della Vergine Maria nascesse il Salvatore, ci aiuti a fondere insieme le nostre voci e i nostri strumenti.
Insieme potremo per dare origine a quel canto di Natale che nelle sue strofe dice:
Qui spezzi ancora il pane in mezzo a noi
e chiunque mangerà non avrà più fame.
Qui vive la tua chiesa intorno a te
dove ognuno troverà la sua vera casa.
Verbum caro factum est…
Il Verbo, il Figlio di Dio si è fatto uomo ed ha posto la sua casa in mezzo a
noi, nell’intimo del nostro cuore. Facciamo vivere e risuonare nel mondo le
note del più grande concerto composto da Dio: la sua Chiesa.
Buon Avvento a Tutte e a Tutti.

Don Emanuele

SGUARDI

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Chi punta al tornaconto immediato non è capace di guardare oltre. È destinato al qui e ora, al piccolo cabotaggio. Non ha il. coraggio e il gusto di disegnare una rotta, si affida alla navigazione a vista.
“Ogni giorno scegli tu dove guardare”, scriveva il lombardo Marco Gallo, scomparso a soli 17 anni a causa di un incidente in moto, in una mattina piovosa del novembre 2011. Un dramma, com’è ogni morte giovane. Ma dal quale, giorno dopo giorno, è scaturita una straordinaria testimonianza di vitalità. Lo attestano i suoi familiari, le persone che lo conobbero e i suoi scritti intrisi di riferimenti biblici. La sera precedente la sua morte aveva appuntato sulla parete della sua stanza la frase evangelica: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,6). Marco è divenuto un’icona, per tanti altri, a mettersi in gioco: ogni giorno ti attende la tua opzione, sei chiamato a prendere posizione. Senza scelta, non c’è vita. Una vita che vinca la morte.
La pandemia sembra averci tolto la facoltà di scegliere: abbiamo dovuto sottostare e tuttora sottostiamo a decisioni altrui, seppur finalizzate al bene comune. Quando torneremo, speriamo il prima possibile, alla normalità, facciamoccustodi dello straordinario tesoro della possibilità di decidere, liberamente, dove orientare i nostri occhi.

Questa è la vera fonte di speranza!
E sarà ancora più bello se non si tratterà di uno sguardo solitario, come ci ricorda un altro giovane orgoglioso delle sue scelte, Antonio Megalizzi: “Il tempo è troppo prezioso per passarlo da soli. La vita troppo breve per non donarla a chi ami. Il cielo troppo azzurro per guardarlo senza nessuno a fianco. Nulla muore e tutto dura in eterno”. Nella cenere della pandemia, Marco e Antonio ci regalano oggi un’eredità spirituale che profuma già di Risurrezione.

Occhi. Lettera alla comunità – Mons. Lauro Tisi